Avvocato Domenico Esposito
 

 

ASSEGNO DI MANTENIMENTO NON SEMPRE PUO’ CONSERVARE LO STESSO TENORE DI VITA TENUTO IN COSTANZA DI MATRIMONIO


Secondo questa sentenza, “In tema di effetti della separazione personale sui rapporti patrimoniali tra i coniugi, la conservazione del precedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiario dell'assegno e della prole costituisce un obiettivo solo tendenziale, poiché non sempre la separazione ne consente la piena realizzazione, notorio essendo che essa riduce anche le possibilità economiche del coniuge onerato e che soltanto dall'appartenenza al consorzio familiare derivano ai coniugi e alla prole vantaggi - in termini, soprattutto, di contenimento delle spese fisse - riconducibili a economie di scala e ad altri risparmi connessi a consuetudini di vita in comune. Detto obiettivo, pertanto, va perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze richiamate dall'art. 156, comma 2, c.c., con la precisazione che, in ogni caso, la determinazione di tali limiti è riservata al giudice di merito, cui spetta la valutazione comparativa delle risorse dei due coniugi al fine di stabilire in quale misura l'uno debba integrare i redditi insufficienti dell'altro.” (dalla massima)

Secondo al Cassazione, "soltanto dall'appartenenza al consorzio familiare derivano ai coniugi e alla prole vantaggi - in termini, soprattutto, di contenimento delle spese fisse - riconducibili a economie di scala e ad altri risparmi connessi a consuetudini di vita in comune."

La determinazione dell'assegno di mantenimento non deve essere astrattamente rapportata per quota al reddito del coniuge obbligato (es. una somma pari alla metà dei redditi).

 

CASSAZIONE CIVILE, SEZ. I 28/04/2006 N. 9878
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. LUCCIOLI     Maria Gabriella                -  Presidente   - 
Dott. BONOMO       Massimo                        -  Consigliere  - 
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno                          -  Consigliere  - 
Dott. DEL CORE     Sergio                          -  rel. Consigliere  - 
Dott. GIANCOLA     Maria Cristina                 -  Consigliere  - 
ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:
………………….., elettivamente domiciliata in Roma ……………….,  presso l'avvocato …………….  rappresentata  e difesa  dagli  avvocati ………., giusta procura a margine del ricorso;   - ricorrente -
contro
……………………..  - intimato -
e sul 2o ricorso n. 17413/2003 proposto da:                          
………………………….., elettivamente domiciliato in Roma via ………………….   presso l'avvocato ……………………………..…., rappresentato  e  difeso dall'avvocato,  giusta   procura a margine del controricorso e ricorso incidentale; - controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
……………., elettivamente domiciliata in Roma ………………………..  3,  presso l'avvocato ……………………, rappresentata  e difesa  dagli  avvocati …………………………………….,  giusta  procura  a  margine del  controricorso e ricorso incidentale; - controricorrente al ricorso incidentale -

avverso  la  sentenza n. 476/2003 della Corte d'Appello  di  Firenze, depositata il 11/03/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 27/02/2006 dal Consigliere Dott. Sergio DEL CORE;
udito per il ricorrente, l'Avvocato ………………………., con delega, che ha chiesto l'accoglimento  del  ricorso  principale ed il rigetto di quello incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale  Dott. GOLIA  Aurelio che ha concluso per l'accoglimento del secondo  motivo del ricorso principale, per l'assorbimento del resto del ricorso principale e del ricorso incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel novembre 2000 ……………………… promosse davanti al Tribunale di Firenze giudizio di separazione personale dal marito .......................

Il dibattito tra le parti si incentrò sulla determinazione dell'assegno di mantenimento della moglie e del contributo del padre al mantenimento delle due figlie minorenni.

In corso di causa la ………………. domandò ai sensi dell'art. 700 c.p.c., anche la divisione della casa coniugale, salvo poi a rinunciarvi, con consequenziale declaratoria di cessazione della materia del contendere, indi, l'adito tribunale dichiarò la separazione fra i coniugi, determinò in Euro 1.240,00 l'assegno mensile destinato al mantenimento della moglie e in Euro 670,00 il contributo a carico del padre per il mantenimento di ciascuna delle figlie, compensò le spese relative al procedimento cautelare e condannò il ……………….. alle spese del giudizio di merito.

La sentenza fu appellata dal …………….., dolutosi dell'entità dei singoli assegni posti a suo carico, e, in via incidentale, dalla …………………., la quale chiese disporsi che i detti assegni venissero versati entro il decimo giorno di ogni mese.

La Corte d'appello di Firenze, accogliendo in parte l'appello principale e quello incidentale, determinò in Euro 750,00 e in Euro 516,46 gli assegni mensili dovuti dal …………………... per il mantenimento, rispettivamente, della moglie e, a titolo di concorso, di ciascuna delle due figlie, dispose che dette somme fossero versate entro il giorno dieci di ogni mese e compensò le spese di entrambi i gradi del giudizio. Considerò la Corte che, anche tenuto conto dei rilievi mossi dalla ……………... all'entità degli oneri fiscali a carico del marito, il reddito di quest'ultimo, dedotto il mutuo pari a L. 10.000.000 l'anno contratto per l'acquisto della casa coniugale, non era superiore a L. 83.198.000. Su questa base si rilevava eccessiva la misura degli assegni stabilita dal primo giudice, dacchè il tenore di vita del produttore di reddito sarebbe rimasto squilibrato rispetto a quello riservato a moglie e figlie.

Più equa appariva la suddivisione delle risorse nella misura di Euro 750,00 per la moglie e di Euro 516,46 per ciascuna delle figlie.

Era da condividere anche la doglianza dell'appellante principale relativa alle spese sia del giudizio incidentale di divisione, erroneamente introdotto ex art. 700 c.p.c. dalla C., sia di quello di merito, che però era equo compensare, considerate la inevitabilità del giudizio di separazione nel caso concreto e l'opportunità di limitare la conflittualità.

La cassazione di tale sentenza è stata chiesta dalla ………………. con ricorso sostenuto da quattro motivi.

Resiste il ……………….. con controricorso contenente ricorso incidentale per un motivo, cui replica a sua volta la …………….. con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In quanto diretti contro un'unica sentenza, i due ricorsi vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione o la falsa applicazione dell'art. 156 c.c..

Premessa una disamina su contenuto, portata e finalità del predetto enunciato normativo, lamenta che il giudice a quo non si sarebbe conformato all'interpretazione operatane dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il coniuge più debole ha diritto alla conservazione di un tenore di vita analogo a quello tenuto durante il rapporto matrimoniale.

Sottolinea, al riguardo, di essere priva di redditi propri - laddove il marito, medico pediatra presso il SSN, dispone di un reddito netto mensile di circa L. nove milioni - e di avere goduto, in costanza di matrimonio, di un tenore di vita medio-alto.

Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia vizi della motivazione relativamente alla misura dell'assegno di mantenimento.

Addebita alla Corte Territoriale: di non avere esplicitato perchè ha quantificato il reddito annuo del marito nella misura di L. 83.198.000; di essersi attenuta a una dichiarazione dei redditi relativa all'anno 1999, senza considerare gli aumenti di reddito conseguiti dal marito negli anni successivi; di avere, per l'inverso, tenuto conto dell'importo di un mutuo gravante su appartamento, un tempo accorpato ad altro già acquistato con denaro della moglie, ma ormai, a seguito di divisione, di proprietà esclusiva del ……………... e dallo stesso unicamente occupato; di non essersi avveduta che, in ogni caso, il …………….. veniva a godere di un reddito mensile netto di Euro 1.827,76, pari a oltre il doppio della misura dell'assegno per il mantenimento della moglie e superiore alla somma complessivamente posta a suo carico (Euro 1.782,92) a detto titolo e quale contributo per il sostentamento delle figlie.

Con il terzo motivo, la ricorrente denunzia la violazione o la falsa applicazione degli artt. 147 e 148 c.c.. Lamenta che il contributo posto dalla corte fiorentina a carico del padre è appena sufficiente per le normali esigenze esistenziali delle figlie e inidoneo ad assicurare loro la conservazione del precedente livello di vita, atteso l'apporto necessariamente modesto della madre casalinga.

Con il quarto e ultimo motivo, la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè motivazione contraddittoria e insufficiente. La corte del merito - rileva - ha omesso di tenere conto dei comportamenti assunti dalle parti nel corso del giudizio di primo grado e in ispecie della necessità, per essa ricorrente, di innestarvi il giudizio cautelare, stante la riottosità del marito, non acquietatosi all'ordinanza presidenziale che gli aveva imposto di abbandonare la casa coniugale. La stessa corte, inoltre, ha giustificato la compensazione delle spese del giudizio di appello con la opportunità di limitare la conflittualità, esprimendo una motivazione che, se elevata a principio, comporterebbe la compensazione in tutte le cause di diritto di famiglia.

Con l'unico motivo del suo ricorso, il .................. denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Pur avendo condiviso le critiche rivolte da esso appellante alla regolamentazione delle spese giudiziali effettuata dal tribunale in riferimento al giudizio incidentale di divisione erroneamente introdotto dalla moglie e alla individuazione della parte soccombente, inopinatamente la Corte d'appello ha compensato le spese di entrambe le fasi di merito, ritenendo un tale provvedimento in grado di limitare la conflittualità nelle controversie tra coniugi.

Oltre che contraddittoria, siffatta motivazione appare illogica (sia perchè la liquidazione delle spese interviene nella fase conclusiva del giudizio, quando la conflittualità tra le parti si è già sviluppata sia perchè un iniquo provvedimento di compensazione delle spese potrebbe addirittura sortire effetti opposti a quelli presunti.

Il primo motivo del ricorso principale è privo di fondamento.

La ricorrente deduce la sussistenza, nel caso in ispecie, delle condizioni richieste dall'art. 156 c.c. (così come interpretato da questa Corte) per il sorgere del diritto al mantenimento, ea sunt la non addebitabilità della separazione, la non titolarità di adeguati redditi propri, ovverosia di redditi che permettano al coniuge di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e il riscontro di una disparità economica tra le parti.

E' evidente, dunque, che le argomentazioni svolte con il mezzo in esame si rivelano inconferenti e inidonee a spiegare in quali termini il giudice a quo sia incorso nella violazione di legge denunciata, posto che in giudizio si è dibattuto non sul diritto della ………………. al mantenimento, ma sul quantum del relativo assegno.

Le censure proposte con i successivi due motivi, suscettibili di trattazione congiunta attenendo sostanzialmente alla stessa questione (congruità dalla operata liquidazione dei due assegni), sono infondate, quando non inammissibili, poichè - nonostante il riferimento formale, nelle rispettive rubriche, ai vizi di motivazione e violazione di legge - si risolvono in una mera contestazione, peraltro articolata in termini alquanto generici, delle valutazioni espresse dal giudice del merito e nella sollecitazione di un diverso apprezzamento del materiale probatorio.

Come riportato in istorico, la corte toscana ha giudicato eccessiva la misura dei due assegni stabilita dal primo giudice, in quanto "il tenore di vita che il produttore del reddito potrebbe mantenere, una volta pagati quegli importi, risulterebbe squilibrato rispetto alle condizioni consentite a moglie e figlio". A tale conclusione la corte territoriale è pervenuta osservando che, in base alla documentazione fiscale prodotta dalle parti, era rimasto accertato che il P., sul quale gravava un mutuo annuo di L. 10.000.000 contratto per l'acquisto della casa coniugale, disponeva di un reddito netto annuo di L. 83.198.000 (pari a Euro 42.968,18) e, quindi, di un reddito netto mensile di Euro 3.580,68.

In tal guisa individuata la misura complessiva del reddito presa a base per la determinazione dell'assegno e del contributo mensili, non risulta in alcun modo che il giudice a quo abbia liquidato un assegno meramente alimentare, e non un assegno di mantenimento propriamente detto, in favore della moglie e un contributo esiguo per il sostentamento delle figlie; una simile deduzione, anzi, appare positivamente esclusa dalle stesse modalità di liquidazione, emergenti dalla sentenza impugnata, e, persino, dal tenore delle critiche mosse al riguardo dalla ricorrente.

La corte ha, invero, ritenuto congrue e proporzionate non solo alla capacità patrimoniale dell'obbligato, ma ai concreti bisogni della ex moglie e delle due figlie le somme mensili, rispettivamente, di Euro 750,00 e di (complessivi) Euro 1.032,92.

Di contro, la ricorrente non spiega perchè gli importi come sopra liquidati non garantiscano in alcun modo condizioni di vita analoghe, per quanto possibile, a quelle godute da essa ricorrente e dalla prole prima della separazione, sostenendo, in buona sostanza, che l'assegno avrebbe dovuto essere determinato in un importo maggiore sol perchè il marito finiva con il godere di un reddito netto superiore a quello riservato a moglie e figli.

D'altra parte, occorre, al riguardo, ricordare che la separazione, riducendo anche le possibilità economiche del coniuge onerato, difficilmente permette il raggiungimento del risultato di garantire al coniuge più debole e ai figli un tenore di vita uguale a quello goduto manente matrimonio.

E' notorio, infatti, che soltanto dall'appartenenza al consorzio familiare derivano ai coniugi e alla prole vantaggi - in termini, soprattutto, di contenimento delle spese fisse - riconducibili a economie di scala e ad altri risparmi connessi a consuetudini di vita in comune. Tali considerazioni stanno alla base del principio più volte af-fermato da questa Corte secondo cui, in tema di effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi, la conservazione del precedente tenore di vita da parte del coniuge beneficiario dell'assegno e della prole costituisce un obbiettivo solo tendenziale, poichè non sempre la separazione ne consente la piena realizzazione, sicchè esso va perseguito nei limiti consentiti dalle condizioni economiche del coniuge obbligato e dalle altre circostanze, richiamate dall'art. 156 c.c., comma 2; con la precisazione che, in ogni caso, la determinazione dei limiti entro i quali sia possibile perseguire il suddetto obbiettivo è riservata al giudice di merito, cui spetta la valutazione comparativa delle risorse dei due coniugi al fine di stabilire in quale misura l'uno debba integrare i redditi insufficienti dell'altro (cfr. Cass. nn. 23071/2005, 6712/2005, 7630/1997).

Nella specie, la sentenza impugnata ha fornito sul punto una motivazione congrua ed esente da vizi logici, che, sulla base degli elementi probatori acquisiti al giudizio, consente di ripercorrere e verificare la correttezza del procedimento argomentativo seguito. E le conclusioni cui è giunta la Corte Territoriale non risultano scalfite dalle critiche, sostanzialmente di merito, avanzate dalla …………....

In particolare, non coglie nel segno il rilievo secondo cui la Corte Territoriale, nel ricostruire il reddito del ……………….., non avrebbe dovuto detrarre l'importo del mutuo, in quanto l'unità abitativa acquistata con il finanziamento è divenuta, a seguito di divisione, di proprietà esclusiva del marito. Ed invero, a parte che di tale ultima circostanza di fatto non vi è cenno nella sentenza nè la ricorrente deduce se e come essa sia stata ritualmente acquisita al processo, va rilevato che, nel ricostruire il reddito del coniuge onerato, il giudice deve tenere conto di tutti gli elementi positivi e negativi che contribuiscono a formarlo, e quindi anche degli oneri, quali essi siano, che ne riducano l'entità.

Si appalesa privo di consistenza anche il riferimento al rapporto di quota - indicato in meno della metà - fra assegno di separazione e reddito complessivo del coniuge tenuto alla relativa corresponsione, posto che il principio - implicitamente richiamato dalla ricorrente - secondo cui il coniuge al quale non sia addebitabile la separazione ha diritto a vedersi attribuito un assegno (tendenzialmente) idoneo ad assicurargli un tenore di vita analogo a quello goduto prima della separazione non postula affatto una valutazione ancorata a criteri aritmetici e non può certo comportare che il coniuge percettore di redditi corrisponda, all'altro che ne sia sprovvisto, una somma pari alla metà dei propri. In altri termini, il fatto che il coniuge, non responsabile della separazione e privo di redditi atti a consentirgli condizioni di vita analoghe a quelle mantenute in costanza di matrimonio, abbia diritto al mantenimento non implica affatto la necessità di un automatico aggancio proporzionale dell'entità del relativo assegno ai redditi del coniuge onerato.

Per le medesime ragioni, si rivela inconducente il raffronto fatto dalla ricorrente, sempre in termini di proporzione, tra il reddito dell'ex coniuge e gli oneri complessivamente a suo carico per il mantenimento di moglie e figlia.

In definitiva, entrambi i motivi sono da disattendere, apparendo diretti a proporre una rinnovata valutazione degli elementi in fatto circa le posizioni economiche delle parti e le loro rispettive capacità reddituali, sul cui accertamento la corte d'appello ha motivatamente fondato la propria decisione. In realtà, nel complesso argomentativo della sentenza impugnata non si ravvisano carenze o contraddittorietà motivazionali, mentre ogni ulteriore doglianza diretta a sollecitare (non il mero controllo sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica delle argomentazioni svolte dal giudice di appello, ma) un diverso apprezzamento degli elementi esaminati dal giudice di merito o la valutazione di altri elementi non considerati non è, come detto, ammissibile in questa sede.

Vanno, infine, congiuntamente trattati l'ultimo motivo del ricorso principale e l'unico del ricorso incidentale, con i quali le parti, per opposte ragioni e finalità, si dolgono della motivazione adottata dalla Corte del merito al fine di giustificare la disposta compensazione delle spese.

I motivi non possono trovare ingresso in quanto - come affermato da consolidata giurisprudenza di questa Corte - in materia di spese processuali il sindacato della Corte di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, esulando specularmente dal sindacato di legittimità, la valutazione in ordine all'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell'ipotesi di soccombenza reciproca quanto in caso di concorso di altri giusti motivi, a meno che essa non sia accompagnata dalla indicazione di ragioni palesemente illogiche, tali da inficiare, stante la loro inconsistenza o evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale espressa sul punto (cfr. Cass. nn. 19161/2005, 17953/2005, 8540/2005, 8623/2005, 1836/2003, 17424/2003, 13011/2003, 16012/2002, 3272/2001). Nello specifico, non ricorre siffatta evenienza, avendo in buona sostanza il giudice inteso legittimamente fare riferimento alla peculiare vicenda processuale e all'opportunità di evitare ulteriori aggravi economici alle parti, nessuna delle quali poteva dirsi uscita interamente vittoriosa dal processo.

La soccombenza reciproca è di per sè giusto motivo di compensazione delle spese di questa fase di giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 27 febbraio 2006.
Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2006